L’affermazione mondiale della razza ci permette di asserire che il cane da pastore tedesco è un anziano che ogni anno diviene sempre più giovane e vitale.
Essendo un convinto appassionato della razza, è con piacere che ho raccolto l’invito dei responsabili della SAS di commentare i festeggiamenti che la S.V. quest’anno ha istituito per celebrare la nascita della Società fondata, infatti, nel 1899. Un momento di riflessione per continuare il cammino percorrendo la strada maestra che fu allora tracciata. Il passato ci permette di comprendere meglio il presente: conoscere la storia della razza è il presupposto per allevarla al meglio.

Le origini

E’ soprattutto ai giovani appassionati allevatori che svolgono l’invito a conoscere e comprendere le origini della razza per evitare errori selettivi e per giudicarla coerentemente senza essere influenzati da devianti enfasi momentanee.
Cento anni della razza significano l’avvicendarsi di poco più di trenta generazioni per cui il suo bagaglio genetico non può essere stabilmente impresso ma permette ancora, ad una errata selezione, di produrre notevoli danni. A riprova di quanto affermo, basta osservare, ancor oggi, nelle aie dei cascinali e nei giardini pastori tedeschi che presentano forme del tutto simili a quelle dei soggetti primordiali.
Per comprendere gli intenti che hanno suggerito la razza, dobbiamo fare un tuffo nel passato e andare con la mente al XVIII secolo nella campagna tedesca dove si viveva una vita tipicamente rurale e contadina. A fianco di altri allevamenti, vi era intensamente allevata la pecora da cui si traeva la lana, allora ancor più preziosa poiché non si disponeva delle fibre artificiali.
Al cane da pastore tedesco competeva il compito di condurre e tutelare le greggi e raggiunto l’ovile, di farne la guardia. Questi cani da gregge provenivano nella Germania da molte parti dell’Europa e dell’Asia Minore in particolare dalla Serbia e dal Sud della Macedonia dove, per tradizione pastorizia, si accrescevano cani adatti a questo scopo

L’impiego determina la tipologia e il carattere

Fatta questa breve premessa sulle motivazioni dell’impiego originale della razza, ho anche definito le ragioni che hanno retto e reggono i presupposti della sua selezione.

Le distese fatte dalla successione di grandi campi verdi imponevano a questa razza un trotto ampio e resistente che, per essere tale, doveva scaturire da ampi passi cadenzati da gesti armonici in grado di assorbire i frequenti contatti con il terreno: in pratica, un atleta da cross dalla grande capacita aerobica. Un movimento frenetico e breve, infatti, per effetto del maggior numero di azioni, ne avrebbe diminuita la resistenza.
Un trotto spazioso poteva essere generato da arti i cui segmenti ossei fossero lunghi ed inclinati, da un metacarpo flesso per assorbire gli urti dei molteplici contatti con il terreno, da piedi chiusi e costituiti da falangi disposte in modo da alleviare gli impatti con il suolo. La sua schiena doveva essere rigida per trasferire la spinta all’allungo attraverso una groppo inclinata, il suo tronco doveva essere più lungo della sua altezza per consentire spazio al suo trotto ma, al tempo stesso, il suo corpo doveva essere flessibile ed agile per superare ostacoli, passare strisciando sotto i rovi, e dinamico per esprimere all’occasione anche un rapido galoppo.

Per raggiungere i campi erbosi questi cani dovevano percorrere lunghi tragitti. Nelle trasferte il loro impegno principale era la conduzione piuttosto che il raggruppamento del greggio nell’ovile. Infatti il raggruppare il gregge è compito prevalente di cani da pastore dinamici predisposti al galoppo il cui lavoro si sviluppa nei pressi del casolare. Pertanto, essendo il pastore tedesco un cane da gregge traslatore, doveva essere anche dotato di una reattività di media intensità generata da una costituzione mesomorfa.

La testa doveva essere espressiva per comunicare sguardi d’intesa con il pastore, non pesante perché lo avrebbe affaticato nei lunghi tragitti e avrebbe generato un morso troppo imponente che poteva danneggiare il gregge.

La sua dentatura doveva essere forte e robusta e i suoi morsi, eseguiti delicatamente nel vello delle pecore al fine di indirizzare le più indisciplinate, non dovevano danneggiare la lana e per questo motivo la chiusura non doveva essere a tenaglia.
I migliori avevano orecchie rette, per meglio captare ogni rumore o comando, non troppo grandi, portate aerodinamicamente all’indietro durante le trasferte. L’orecchi cadente retaggio antico quando non sussistevano anche motivi estetici, diveniva un prezioso riparo.
L’udito e l’olfatto dovevano essere eccelsi perché erano strumenti preziosi per il pastore.

Il manto dei migliori doveva essere ricoperto da un pelo semilungo e quasi vitreo per proteggere dalla pioggia e dagli impigli, mentre nella parte sottostante era morbido e lanoso. I cani a pelo lungo e lanoso, infatti, sotto l’effetto delle intemperie, s’impigliavano nei rovi e s’inzuppavano d’acqua ed il freddo li avvolgeva in una coltre gelida.

La taglia doveva essere media perché necessaria per un cane che lavora in movimento dove la gracilità quanto l’eccesso erano incompatibili sia con il rendimento nel lavoro che con la difficoltà del suo mantenimento.
Il dinamismo del pastore doveva essere frutto della sua integrità fisiologica, ivi compresa l’integrità delle sue articolazioni.
Doveva dimostrare discernimento inibendo e correggendo gli spostamenti delle pecore senza però mai mostrare aggressività perché la pecora era un patrimonio da tutelare.

Il suo carattere doveva essere socievole e docile nell’ambito del proprio casolare perché il pastore potesse incontrare senza problemi compagni di lavoro. Doveva vigilare sul pastore e sul gregge, difendere così come aggredire in particolari circostanze, tutelando un mondo che per lui era fonte principalmente di gioia e di affetto, un mondo che gli garantiva il pasto quotidiano.

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